Ti ho mai raccontato di quella volta che ho vinto il Premio IgersItalia?

Ero nel pieno di una consegna molto impegnativa per un bando di rigenerazione urbana. Erano circa le 11 di sera del 31 gennaio 2021, ed ero in videocall da circa 6 ore con le mie colleghe, ci aspettava una lunga notte insonne, ma una notifica dalla app di Instagram mi distrae. ”IgersItalia ti ha taggato in un post”. Sorpresa! La mia fotografia scattata sul sentiero delle Tre Cime di Lavaredo, durante il mio viaggio on the road sulle Dolomiti dello scorso agosto 2020 (clicca qui per vedere tutte le altre foto del viaggio), ha vinto il Premio IgersItalia 2020 nella categoria #TravelPhotograhy, non solo, il riconoscimento arriva direttamente da Angelo Pittro, Direttore di Lonely Planet Italia che per l’occasione era giurato del concorso, con questa motivazione«Lo scatto rivela quanto è potente una fotografia che non si limita a descrivere un luogo ma riesce a evocare un mondo, uno stato d’animo. Tanto meglio quando l’autore lascia margini incerti, al limite anche confusi, senza lo scopo dell’immediata identificazione del “punto di interesse” nel suo luccicante splendore turistico. Così chi osserva può liberare la sua immaginazione, provare a ricostruire lo spazio che c’è oltre i margini della fotografia e iniziare a sognare il prossimo viaggio».

Doppia soddisfazione quindi, non solo per essere stato il primo a vincere in questa neonata categoria del Premio ma soprattutto perché il Direttore di Lonely Planet ha colto perfettamente quello che ho provato mentre ero lì intento a scattare.

E allora voglio raccontare di quella giornata. Lo scorso agosto 2020, come dicevo, in occasione del mio primo viaggio sulle Dolomiti, ho potuto fotografare paesaggi e luoghi mozzafiato che, nonostante il turismo, conservano ancora un grande serbatoio di naturalità e costituiscono un inestimabile patrimonio da tutelare. Il giorno in cui ho realizzato quello scatto, io e i miei amici e compagni di viaggio eravamo sulle Tre Cime di Lavaredo: la giornata non era delle migliori e il cielo non preannunciava niente di buono, ma nonostante tutto, avevamo deciso di iniziare l’escursione dal Rifugio Auronzo (2.320 m s.l.m.) con l’intenzione di raggiungere almeno il Rifugio Locatelli (2.438 m s.l.m). Un folto banco di nubi scure avvolgeva completamente le Cime, ma quando facevano capolino mi sembravano ancora più imponenti ed affascinanti di quello che immaginavo. La pioggia non si è fatta attendere e ha iniziato a cadere copiosamente a pochi metri dal Rifugio Lavaredo (2.344 m s.l.m.). Non mi sono fatto scoraggiare dal peggioramento del meteo al contrario dei tanti turisti presenti che, abbandonando la loro escursione, hanno liberato velocemente l’intero sentiero, rendendo lo scenario e l’intera esperienza più solitaria e spettrale.

La determinazione a proseguire è stata premiata, non senza fatica, dopo aver superato il dislivello che portava alla Forcella Lavaredo. Pian piano il cielo si è aperto, mostrando in tutta la loro bellezza le Cime, che si svelano nella loro “tipica” ed iconica vista delle pareti nord. Ho ricominciato a scattare e, una foto dopo l’altra, sono riuscito a catturare la danza delle ultime nuvole che scivolavano tra le facciate verticali delle tre punte. Dopo qualche minuto, totalmente assorto da quello spettacolo, mi sono girato per riprendere il cammino e in quel momento si è composto davanti ai miei occhi uno di quei momenti che insegui idealmente da una vita: il sentiero che mi aspettava era incerto e si perdeva allo sguardo, il Rifugio Locatelli non era che un puntino confuso in lontananza e il cielo aveva ripreso a nascondersi dietro ad altre nuvole minacciose. La stanchezza accumulata fino a quel momento era sparita grazie all’adrenalina nel voler proseguire, nella curiosità di scoprire cosa mi aspettava dietro quella svolta celata dalla dorsale ovest del Monte Paterno. Ero consapevole del fatto che quanto osservato e provato lo avrei portato con me per sempre e allora l’ho fotografato con la speranza di trasmettere, almeno in parte, quelle emozioni a chi avrebbe osservato il mio scatto.

Incuriosire e scatenare l’immaginazione di chi osserva il mio lavoro è l’ambizione massima che mi pongo ogni volta che fotografo e sono felice ed onorato di aver raggiunto questo obiettivo con il riconoscimento del Premio IgersItalia.



Ad oggi, di quel viaggio ricordo la pace che provavo durante le lunghe camminate nella verde Prato Piazza della Valle di Braies, l’architettura monolitica ed aliena di Zaha Hadid che disegna il Messner Mountain Museen sul Plan de Corones, o ancora la bellezza fragile e ferita del Lago di Carezza sotto il Latemer, teatro, suo malgrado, di una violentissima tempesta di vento che, nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 2018, ha abbattuto migliaia di alberi nella zona. Lentamente è in atto una grande opera di rimboschimento ma quanto tempo passerà prima del prossimo disastro ambientale? Non possiamo subire questi eventi passivamente: il cambiamento climatico è anche questo.

La mia sensibilità personale (e da architetto) mi fa guardare con attenzione alla questione ambientale che, in questa delicata fase storica, presenta aspetti di forte criticità come la pervasività dell’inquinamento, il degrado ecologico, il progressivo impoverimento della disponibilità di risorse non riproducibili come il suolo e l’acqua, la diffusione degli scarti prodotti da filiere industriali in dismissione o del tutto abbandonate. A questi fattori, che sono solo alcuni di quelli che stressano le nostre città ed il territorio, si vanno ad intrecciare pericolosamente anche i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, restituendo un quadro molto preoccupante. Il mutamento del concetto di paesaggio come dispositivo interpretativo, narrativo e progettuale ha attraversato negli ultimi venti anni una urgente quanto necessaria modificazione nel modo di guardare e raccontare una città e un territorio profondamente cambiati. Questo non può lasciarci indifferenti ma, bensì, imporci un profondo ripensamento nel nostro rapporto con l’ambiente, a partire nel nostro piccolo dalla vita quotidiana fino ad auspicare un’adeguata ed efficace programmazione dettata da governi sempre più attenti e sensibili alle tematiche ambientali.


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