PREMIO MIGLIOR TESI "AssUrb Associazione Nazionale degli Urbanisti 2016"


Il giorno 17/12/2016 si è tenuta presso Villa Nazionale Pisani di Stra - Venezia, in seno al convegno Pianificare la storia: tra teoria e pratica, la premiazione del II PREMIO Assurb Assurbanisti 2016.


Il Concorso, riservato (unico nel suo genere) agli Urbanisti e Pianificatori Territoriali ed Ambientali, ha suscitato un grande interesse, ed ha visto la partecipazione di quindici concorrenti. Tutti i lavori presentati si sono dimostrati di buona qualità ed interesse per le tematiche svolte, per cui non è stato agevole per la giuria individuare i vincitori. Non è stata stilata una classifica, ma, oltre al vincitore della categoria “Miglior Tesi”, la Giuria ha ritenuto di menzionare alcune tesi che, seppur non raggiungendo pienamente tutti gli obiettivi di valutazione, dimostravano eccellenze in particolari aspetti.


Motivazione: Tesi originale, specialmente nei suoi contenuti analitici, che pone buona attenzione nel ricucire storia e spazi marginali, prospettando un complesso sistema di ri-significazione: la ricomposizione di tale sistema dovrebbe essere l’azione fondamentale di ogni operazione che incide sul territorio.

Il Masterplan Metaprogettuale

Approcci resilienti e riciclo delle aree compromesse nella piana del Sarno


di: Francesco Sammarco, Ciro Sepe e Danilo Vinaccia


L’ambizione di questa Tesi di Laurea[1] è quella di esplorare e definire nuovi “cicli di vita” per quegli spazi e quegli elementi della città e del territorio, risultato della dispersione insediativa, della frammentazione del mosaico dei paesaggi agrari e delle criticità del sistema infrastrutturale, che ad oggi hanno perso senso, uso o attenzione.


È muovendosi tra il metabolismo impazzito della città contemporanea e i suoi scarti, che le riflessioni proposte mirano alla ricomposizione delle relazioni tra i frammenti confusi dell’esplosione urbana, sia attraverso la costruzione di un nuovo telaio territoriale costituito prevalentemente attraverso la concatenazione degli spazi aperti, ma anche sfruttando le potenzialità espresse dalle “infrastrutture verdi e blu” esistenti e il riciclo di quelle parti di territorio dismesse, degradate e sottoutilizzate.

Si procede così alla costruzione di un “progetto/processo” che contiene, manipola, produce concetti e formula ipotesi d’azioni nello spazio, re-interpretando e ri-adeguando i luoghi compromessi della piana sarnese, investigando i diversi livelli dei “paesaggi dello scarto” e le loro reciproche interconnessioni.



[1] Il lavoro presentato è stato sviluppato da Francesco Sammarco, Ciro Sepe e Danilo Vinaccia all'interno della tesi di laurea in Urbanistica (CdL PTUTA, DiARC – Univesità degli Studi di Napoli “Federico II”), il relatore è il prof. arch. Carlo Gasparrini e il co-relatore è l'arch. Anna Terracciano.


Concetti, obiettivi e strumenti

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Le geografie dello scarto

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Questo lavoro riprende e interpreta, ad una scala adeguata al contesto della Piana, il concetto di “drosscape” introdotto da Alan Berger[2] (Co-Director Center for Advanced Urbanism – MIT, Boston), nello stesso senso, come più volte si è ribadito in questo volume, che considera lo scarto come un componente naturale di ogni città e che, soprattutto, si sviluppa dinamicamente, divenendo così un autentico “indicatore” della salute urbana. 

Ma i “drosscape“ non sono solo dei manufatti o delle aree che non fanno più parte del metabolismo urbano virtuoso, bensì e al contempo, generano degli scenari critici che vanno ad alterare la vita quotidiana, incidendo sul cambiamento climatico, sulla qualità ambientale, producendo degrado, sprechi, consumi di energia, di materia e di suolo. Questi ultimi sono i fattori di rischio tangibili per la salute e la sopravvivenza delle popolazioni, oltre a costituire, dal punto di vista morfologico, le parti di una vera e propria “città inversa”, e che non possono prescindere dalla costruzione di un modello di riciclo “resiliente/adattivo” per il futuro di questi territori. Le aree e i materiali dello scarto divengono, così la componente centrale e l’enorme risorsa di una strategia di rigenerazione ecologica e riconfigurazione spaziale per la città contemporanea.

Inoltre, l’estrema complessità dei fenomeni che la investono necessita di strumenti capaci di raccogliere e far interagire un’enorme varietà di dati, e impone un ripensamento delle modalità e degli utensili della rappresentazioni. Per questo motivo la conoscenza nell'utilizzo e nella costruzione dei Sistemi Informativi Territoriali (SIT) è stata fondamentale per lavorare alla messa a sistema e al confronto di una molteplicità di informazioni, al fine di ricostruire il palinsesto territoriale in quest’area.



[2] A. Berger, “Drosscape. Wasting Land in Urban America”, New York: Princeton Architectural Press, New York, 2006

Disegno di concetti

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Disegno di cose

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Concetti, mezzi ed obiettivi si relazionano e trovano forma con la comunicazione grafica; il territorio e la città sono investigati superando i tradizionali meccanismi di analisi, rappresentando uno scenario “multi-strato” inedito e complessivo di tutte le caratteristiche della piana sarnese, tra paesaggi esistenti ed immaginabili, con l’auspicio di produrre conoscenza ed accrescere la consapevolezza nelle popolazioni che la abitano.

Strumenti e linguaggi sono adoperati affinché il territorio sia raffigurato in maniera immediatamente comprensibile, non solo agli addetti ai lavori, ma anche a una platea più ampia di interlocutori. Il territorio è raccontato attraverso nuovi sguardi analitici, “multi-scalari” e “pluri-focali”, in modo da individuare la totalità delle emergenze paesaggistiche, antropiche e naturali, riservando però un particolare interesse alle dinamiche che interessano i sistemi idraulici, infrastrutturali e agricoli.


Questi ultimi tre sistemi costituiscono tre campi di indagine privilegiati, poiché sono in grado di restituire altrettanti paesaggi che si susseguono e si differenziano lungo le sponde del fiume Sarno. Questi paesaggi sono degli organismi complessi, mutevoli, “palinsesti nel palinsesto”, su cui gli abitanti scrivono, riscrivono e cancellano di continuo i segni delle loro azioni. In alcuni tratti, essi si sovrappongono e generano immagini estremamente evocative, come quelle delle cesure infrastrutturali, delle le aree dell’abbandono, dello scarto, del degrado e dell’archeologia industriale. Immagini che compongono un mosaico drammatico all'interno di un paesaggio altrettanto martoriato, che vede la sua identità e la sua bellezza contaminate ed alterate.


Industria dismessa, Torre Annunziata

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Vista del Vesuvio dall'ex ospedale Villa Malta, Sarno

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La piscina in disuso dell'ex Lido Santa Lucia, Torre Annunziata

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Paesaggi produttivi

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Ecosistemi compromessi

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Cava ignota, Paesi Vesuviani

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Stazione Circumvesuviana dismessa

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Criticità delle infrastrutture

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Usi temporanei

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Acque, industrie, paesaggio

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Sversamenti abusivi nel Fiume Sarno

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Depuratore dismesso

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Il tentativo di creare ambiziosi progetti di industrializzazione, accompagnati da una crescita rapida e disordinata del tessuto insediativo, risalente soprattutto all’ultima metà del secolo scorso, hanno infatti provocato un consumo di suolo sconsiderato e privo di alcun criterio. Tutto ciò ha prodotto, in maniera preoccupante, un enorme aumento della superficie impermeabile, producendo una urbanizzazione intensiva e diffusa che ha compromesso e reso discontinuo il suolo agricolo, danneggiando la principale e storica vocazione di quest’area. La crescita urbana incontrollata ha, inoltre, ripercussioni anche sulla stabilità dei suoli, aumentandone la fragilità ed esponendo ad un forte rischio lo stesso patrimonio edilizio.


All'interno di questa tesi si vuole allora provare a dare alcune risposte e indicare alcune traiettorie possibili, attraverso la costruzione di alcuni “visioni” selettive ma anche sinergiche, per individuare gli obiettivi e le strategie di una rigenerazione ecologicamente orientata delle questioni esposte. L’importanza dell’elaborazione delle immagini, tramite la fase del “visioning”, costituisce una costante e un fase imprescindibile della riflessione progettuale alla grande scala, proprio perché «le immagini sono il tramite tra i territori fisici e concettuali del progetto»[3], e non solo un veicolo, seppur necessario, della comunicazione delle scelte e degli scenari immaginabili per le nostre città.



[3] P. Viganò, “I territori dell’urbanistica. Il progetto come produttore di conoscenza”, Officina, 2010 

Visioni strategiche

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L’approccio pianificatorio delinea una strategia complessa e organica di interventi e di attività integrate che solo nel loro insieme possono contribuire alla mitigazione del rischio. L’obiettivo di questa fase, dunque, lavora alla costruzione di una nuova armatura territoriale “multi-scalare” articolata in tre telai spaziali e temporali. Le tre “vision” individuano gli obiettivi strategici e strutturanti da realizzarsi nel lungo periodo su vaste parti del territorio, ma anche gli interventi puntuali costituiti da azioni e micro-azioni progettuali, che lavorano nel breve e medio periodo, alla scala più minuta del tessuto urbano ma anche naturale. È dalla sovrapposizione e interazione tra questi strati tematici che prende forma e corpo la “vision” d’insieme in cui partecipano ed hanno un ruolo tutti gli spazi e i materiali disponibili al processo di riciclo, al fine di trovare nuove configurazioni e nuovi cicli di vita.

Visione d'insieme

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In questa prospettiva si inseriscono le azioni connesse a quattro interventi prevalenti. Il primo è legato al riciclo della linea ferroviaria dismessa Torre Annunziata-Cancello e delle aree di scarto da essa generata, attraverso la creazione di una rete di attrezzature e spazi collettivi a supporto di un “Parco lineare territoriale ciclo-pedonale”. Il secondo è legato al ripensamento del sistema di regimentazione delle acque provenienti dal Vesuvio, mediante una sorta di “Tangenziale delle acque”, che implica non solo una ri-funzionalizzazione dei canali e delle vasche di raccolta, ma li assume come elementi catalizzatori delle reti verdi della fruibilità, delle nuove funzioni ecologiche legate all’assorbimento ed il filtraggio delle acque meteoriche. Il terzo obiettivo riguarda il “riciclo del manufatto del canale del Conte di Sarno” ripensato come una condotta intelligente ed infrastruttura di potenziamento della sostenibilità alla scala urbana, per l’accumulo o il rilascio controllato delle acque, supportato da dispositivi alla scala minuta, per la raccolta ed il riutilizzo delle acque meteoriche. Il quarto, ed ultimo, obiettivo riguarda la riappropriazione del rapporto con il fiume Sarno attraverso il ridisegno del paesaggio fluviale, delle funzioni e dell’uso del suolo all’interno di un “parco archeo-fluviale”. Rimettere in gioco le aree a contatto con il fiume significa non solo prevedere modalità d’uso inedite, legate alla fruizione, alla qualità degli spazi ed alla messa in rete delle risorse archeologiche di enorme valore presenti nell’area, ma anche ridare spazio al fiume, alle aree naturali ed alla vegetazione autoctona. Nuovi modi di coltivare, sostenibili ed innovativi, ma soprattutto compatibili con le aree di esondazione e con le dinamiche fluviali, contribuiscono a delineare un nuovo paesaggio ed un rinnovato e rispettoso rapporto tra uomo ed acqua.

Masterplan metaprogettuale

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Riciclare territori vuol dire, dunque, raccogliere una domanda molto spesso “latente” di riattivazione, in cui gli scarti che si producono non sono il problema ma l’occasione da cui ripartire per rigenerare un territorio e trarre benefici per la città e le comunità che la abitano.




NB: Il lavoro prodotto con questa tesi di laurea è stato pubblicato sul libro "Dross City. Metabolismo urbano, resilienza e progetto di riciclo dei drosscape."

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